Finalmente Rose d’Autunno, il mio primo romanzo fantasy, è pubblicato.
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E per invogliarvi a leggerlo, ecco un anticipo della prima parte del terzo capitolo.
Capitolo 3
Frammenti dalle memorie di Trevor
“Buonasera principe Glauco, come state?”
Non si era accorto che in disparte, in un angolo buio del salone, c’ero anch’io.
“Trevor.” Rispose al saluto con un cenno della testa.
“Molto bene, grazie.”
Notai che il suo tono era freddo e distaccato.
“C’è qualcosa che non va?”
Glauco ignorò la domanda e a sua volta mi chiese: “Di cosa parlano mio padre e mio fratello?”
“Di guerra.”
Uscii lentamente dalla penombra e mi avvicinai a lui, lasciando che le poche candele accese nel salone mi rendessero ben visibile.
Il ragazzo sembrava sorpreso. Mi guardò con espressione interrogativa.
“A nord, sembra che i barbari si stiano preparando a invadere il nostro territorio. Probabilmente, noi due dovremo partire per Southterrae prima della fine dell’estate.”
“Se c’è la guerra io non parto.”
“Principe Glauco ascoltate …”
“Non lascio qui mia madre, mio padre, la mia famiglia, Federica e me ne scappo come un codardo, sono anch’io un guerriero e se ci sarà la guerra, combatterò al loro fianco.”
“Non siete ancora pronto. Non avete abbastanza esperienza. Vostro padre non permetterà che voi rimaniate qui.”
Glauco non replicò, pensieroso cambiò discorso:
“È come dice mio padre, dove c’è Riccardo, c’è la guerra.” Rifletteva ad alta voce. “Non riesce a vivere una vita tranquilla all’insegna della pace.”
“Tuo fratello è l’erede al trono e dove c’è pericolo per il Regno, lui deve essere presente.”
“Sì, ma uno può essere sovrano e vivere in pace, non credi? Mio padre l’ha fatto per tanti anni, mentre Riccardo ha girato il mondo sempre in cerca di luoghi dove ci sono ostilità.”
“Adesso però, che il Regno è in pericolo, lui è forse l’unico in grado di difenderlo.”
I suoi brillanti occhi azzurri mi fulminarono. In quel momento il sovrano col figlio maggiore rientrarono:
“Trevor, ci siete anche voi? Benissimo, ho bisogno di parlarvi.”
“Sono a vostra disposizione, Maestà.” risposi con un ossequioso inchino.
Tutti e quattro ci avvicinammo, impostando un dialogo informale, come a un ritrovo tra vecchi amici. In realtà, il Re stava prendendo importanti decisioni e da lì a poco avrebbe impartito ordini ufficiali. Riccardo salutò Glauco con una pacca sulla spalla e poi gli tenne il braccio sulle spalle per qualche minuto. Glauco non sembrava felice della mossa ma non oppose resistenza, apprestandosi ad ascoltare il padre. Per la prima volta notai la differenza tra loro; uno il guerriero magro agile e snello, l’altro il possente e deciso combattente.
“È giunta stasera” annunciò preoccupato il sovrano, “la conferma da un nostro messaggero che il nemico a nord si sta armando, il pericolo non è ancora certo, ma molto probabile. A questo punto dobbiamo anche noi prendere precauzioni. Riccardo, quando arriverà la cavalleria reale?”
“Sono indietro. Credo non prima di una giornata. Domani sera, probabilmente.”
“Dopodomani all’alba partirete. E il grosso dell’esercito, quando sarà qui?”
“Forse tra due giorni. Non prima.”
Il Re pensava accarezzandosi la barba. Passeggiò avanti e indietro per un buon minuto e poi disse:
“Riccardo, manda nuovamente al confine il messaggero portando questo mio ordine: l’armata di confine deve tenersi all’erta per affrontare un eventuale primo attacco da sola, ma senza far vedere di essere sul piede di guerra.”
“Sì, signore.”
Riccardo si mise sull’attenti, poi rapidamente si allontanò per eseguire l’ordine.
“Glauco, tu avrai tempo due giorni e poi partirai con Trevor verso sud.”
“Padre, io vorrei rimanere.”
“No.” Il tono del sovrano era severo, poi si addolcì. “Non è possibile, non voglio che tu stia qui quando ci sarà la guerra.”
Il Principe e io ci accorgemmo per la prima volta della paura del sovrano e le espressioni dei nostri visi esprimeva interrogazione:
“Ebbene sì.” Rispose il Re alle nostre mute domande “Questa volta lo scontro sarà terribile. Respingere i barbari affamati del nord sarà difficilissimo. Tu andrai via con Trevor e tornerai quando sarai pronto.”
“Pronto per cosa, padre?”, chiese Glauco sorpreso.
Il Re esitò, si voltò verso Glauco e l’abbracciò, sussurrandogli: “Pronto per servire il tuo Regno.”
Lo strinse forte, come si fa per un ultimo saluto e lo baciò in fronte.
“Va ora,” disse commosso “va a riposarti. Ho bisogno di parlare con Trevor.”
“Buonanotte, padre.”
Un inchino appena accennato, un rapido incrocio dei nostri sguardi in segno di saluto e poi si ritirò. Intuivo che il rancore che il Principe aveva nei miei confronti era dato dal fatto che avevo viaggiato con suo fratello maggiore, ma ero certo che la nostra intesa andasse ben oltre queste piccole gelosie.
Restammo soli nella grande sala dei ricevimenti e delle feste, illuminata parzialmente. La penombra creava l’atmosfera di una serata poco gioiosa, piena di turbamenti. Le decisioni da prendere erano gravi. Osai parlare per primo:
“Maestà, è davvero così imminente lo scoppio di una nuova guerra? È inevitabile?”
“Riccardo è venuto a Courte Village perché le nostre spie ci hanno fornito informazioni pressoché sicure. Le popolazioni del nord stanno passando un periodo di carestia, sono alla fame e guardano dalla nostra parte con invidia. La loro intenzione è prendersi le nostre terre, più ricche e floride, per combattere la loro miseria.”
Abbassai lo sguardo come se mi fossi arreso all’evidenza.
“Il fatto è che …”, continuò il sovrano. “Che quello è un popolo di combattenti, non sono bravi contadini, né allevatori di bestiame. Il loro artigianato, come sapete, è arretrato, però sono dei potenti guerrieri. Hanno la guerra nel sangue. Sanno prendersi quello che vogliono con la forza.” Si interruppe per un istante, poi continuò guardandomi negli occhi: “Comunque, ti ho fatto rimanere, perché è giunto il momento di rivelarti importanti questioni che ho atteso troppo a raccontarti. Ricordi il nostro dialogo nella vigna di alcune estati fa?”
“Sì, maestà. Me lo ricordo. Avevo appena preso servizio, presso di voi.”
“Dunque hai capito di cosa sto parlando?”
“Certo, lasciammo degli argomenti in sospeso.”
“Ebbene ora è giunto il momento che tu sappia molte cose. Io ho scelto te perché ho la certezza di potermi fidare. Andiamo fuori, la luna è splendida, illumina quasi a giorno e qui i muri hanno orecchie.”
“ Certo, Maestà. In mezzo al prato nessuno potrà origliare.” Convenni.
Aprii una delle grandi porte finestre e, scesi alcuni gradini, ci ritrovammo sul prato antistante i giardini della villa.
“Che pace! I grilli cantano alla luna e il silenzio regna.” Il tono del Re era malinconico. “Presto non sarà più così. Il nemico è molto forte e motivato. Sarà difficilissimo fermare la sua avanzata, probabilmente arriverà fino a qui.”
“Il Principe Riccardo comanda una potente cavalleria e un esercito ben addestrato…”
“Riccardo mi ha confessato che li teme fortemente” mi interruppe. “Per la prima volta da quando aveva diciotto anni, l’ho visto pensieroso e insicuro. Di guerre e battaglie ne ha affrontate e le ha sempre vinte. Questa volta deve affrontare il suo stesso sangue, pur non sapendolo, inconsciamente lo sente.”
“Come dite, Maestà?”
Il sovrano con calma si guardò attorno, per rendersi conto che fossimo soli veramente, poi continuò:
“Riccardo non è mio figlio, era l’ultimo nato di una disgraziata famiglia del nord, la quale ce l’ha venduto per fame.”
Ero sbalordito e credo che il mio volto fosse eloquente. Mi balzò alla mente il pensiero delle somiglianze con il padre, la madre e con Glauco. Effettivamente Riccardo non aveva grande affinità con la Regina e il fratello: biondi, di carnagione chiarissima, lineamenti delicati. Il Re era l’unico che poteva lontanamente assomigliargli, era alto, robusto, con i capelli scuri, aveva però un viso dolce e gli occhi chiari, a differenza di Riccardo, che si distingueva per gli occhi scurissimi come pece, mascella pronunciata, addirittura spigolosa e lineamenti forti.
Tacevo, chiedendomi perché non se ne fosse mai accorto nessuno e il Re mi osservava con aria enigmatica. Forse si domandava se avesse agito nella maniera giusta rivelandomi una verità così scottante.
“Trevor, so che ti pare impossibile, ma se questa storia si venisse a sapere, Glauco diverrebbe l’erede legittimo al trono e sarebbe in grande pericolo. È per questo motivo che voglio che tu lo porti via. Portalo in Southterrae, addestralo in maniera rigorosa, insegnali a cacciare e soprattutto infondigli nell’animo il desiderio di essere un uomo giusto, come tuo padre ha fatto con te. La tua terra è selvaggia, segue ancora le leggi della natura e non le leggi dell’uomo. Le prime ti danno il senso della libertà, le seconde te lo tolgono. Voglio che lui le conosca entrambe, affinché impari a governare con giustizia e rispettando la libertà di tutti gli uomini.”
“Maestà, intendete rivelare a tutti il vostro segreto?”
“Probabilmente non sarò costretto a farlo. Temo che Riccardo non riuscirà a governare. Questa guerra sarà terribile, probabilmente molto lunga, snervante e mieterà molte vittime. Riccardo è troppo avventato, spesso non agisce con saggezza. Sai, si fa prendere dall’impeto della rabbia e rischia la vita inutilmente. Dai racconti dei miei soldati capisco che è spesso spericolato. Per lui indietreggiare è un disonore. Purtroppo o per fortuna, pensala come vuoi tu, non aveva mai affrontato nemici del suo stesso sangue, nemici che sentono la guerra come una ragione di vita e che non indietreggiano.” Il Re si fermò un attimo, poi aggiunse “Trevor, io temo molto per la vita di Riccardo.”
Ero perplesso, non riuscivo a capire per quale motivo il Re tanti anni fa avesse fatto una scelta di questo genere.
“Mi guardi come se fossi un estraneo, ma quando decisi di adottare Riccardo, credevo di esservi costretto. Io e la mia sposa eravamo molto giovani, mio padre morì quando avevo soltanto venti anni e Annamaria soltanto diciotto. Erano già trascorsi sei anni dalla mia ascesa al trono, senza che potessi garantire un erede, avevo dei nemici a corte che dovevo mettere a tacere. Mormoravano che non potevo procreare e che non potevo dare un erede al Regno. La mia dignità e quella di mia moglie che amavo tantissimo, rischiavano di essere infangate. Mio zio pretendeva il trono, lui aveva un figlio che gli aveva già dato due nipotini maschi. Non volendo ripudiare la mia amata, decidemmo di organizzare questo inganno che mi tormenta da quasi trentaquattro anni e che mi si è rivoltato contro.”
Capii con quelle parole che l’angoscia del Re era tremenda. Lo guardai negli occhi e gli lessi per la prima volta, tutto il dolore per aver fatto delle scelte sbagliate e irrimediabili.
Il sovrano guardava il cielo e la luna con occhi di supplica, forse non osava incrociare lo sguardo con me. Dopo qualche minuto di silenzio, riprese a parlare:
“Se avessimo saputo con certezza che un giorno sarebbe arrivato il tanto desiderato figlio, non avrei mai preso quella decisione. Glauco sarebbe il vero erede ma nessuno lo sa tranne me, la Regina e ora anche te. Non mi fraintendere, noi vogliamo bene a Riccardo, come ne vogliamo a Glauco, ma purtroppo nel corso degli anni mi sono reso conto che Riccardo non potrà mai essere un buon sovrano. La guerra è la sua ragione di vita e invece un buon re deve cercare la pace per il suo regno.”
“Quando annunciaste che la Regina aspettava un bimbo, vostro zio si mise da parte?” chiesi interessato.
“In realtà il mio vecchio e decrepito zio è ancora adesso un pericolo. Se venisse a sapere una cosa del genere, farebbe di tutto per prendere il potere e consegnarlo nelle mani di suo figlio, dichiarandolo legittimo erede. Perciò è necessario che tu finga di non sapere niente. Anzi perfino Glauco non deve sapere niente, almeno per ora.”
“Cosa avete in mente?” Chiesi osservando il sovrano pensieroso.
Il Re non rispose alla domanda: “Sai, fu tuo padre ad andare a prendere Riccardo, nelle terre del nord. Ce lo portò in una notte buia e fredda in gran segreto. Il segreto se l’è portato in cielo. Per lui avevo grande stima e mi fidavo ciecamente. Ha fatto per me tutti quei servizi che andavano fatti nell’ombra e che dovevano rimanere segreti.” Il sovrano sorrise osservandomi stupito, mentre borbottavo:
“È questo che mio padre era per voi, una specie di spia?”
“Non proprio, a lui piaceva Southterrae e viveva là, ma quando avevo bisogno arrivava, agiva e se ne tornava via, non prima però di venirmi a salutare, come si fa con un vecchio amico. Il fatto che lui vivesse lontano mi rattristava ma ciò era un bene, perché in questo modo non veniva coinvolto da intrighi e affari di corte. Era un vero amico, pronto sempre al momento del bisogno. Vai ora, quello che ho in mente lo saprai al momento giusto.”
Quando lasciai il Re, salii velocemente al piano di sopra nella mia stanza. Avevo fretta di annotare sul mio diario gli avvenimenti della giornata. Iniziai a scrivere e a riflettere sul viaggio con Riccardo, durante il quale avevo avuto la possibilità di restare per la prima volta solo con lui. Avevamo avuto il tempo di parlare e la sua personalità spietata era apparsa ai miei occhi in tutta la sua chiarezza. Mi aveva raccontato delle sue guerre e delle sue avventurose battaglie. Mi aveva detto di aver timor di Dio, ma in realtà nulla lo faceva credere; non aveva pietà per le sue vittime. Aveva accennato a qualche sua avventura amorosa, ma non ero riuscito a comprendere se avesse mai provato amore vero per una donna. Riflettei su questa cosa, perché un uomo così ha spesso la necessità di liberare il suo lato dolce, buono e talvolta insicuro del proprio carattere e quasi sempre è una donna a godere dei benefici.
Continuai il mio racconto ricordando che quando eravamo giunti a Courte Village, mi ero accorto della gelosia di Glauco nei confronti del fratello che aveva viaggiato con me. A quel punto mi fermai, avevo scritto della possibile guerra contro i Popoli del Nord, ma quando fu il momento di annotare qualcosa sulla grande rivelazione che il sovrano mi aveva fatto, appoggiai il pennino e chiusi il quaderno. Spensi la candela con un soffio e mi buttai sul letto sfinito. Ebbi appena qualche minuto per ripensare a ciò di cui ero appena venuto a conoscenza. Pensai a mio padre e immaginai una notte buia e tempestosa, in cui di nascosto egli aveva posto tra le braccia della Regina un fagottino dentro al quale gemeva il possente Riccardo. Ero fiero di mio padre, provavo un profondo piacere quando qualcuno ne elogiava le virtù e irrimediabilmente cadevo nella nostalgia più dolce ricordando la mia giovinezza insieme a lui. Sereno, mi addormentai.
SimonBwww.ildiariodisimonb.comLetteratura, artee attualità.
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